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È tempo di sinodo e di conversione!

È tempo di sinodo e di conversione!

IL NOME DELLA CHIESA – L’esperienza sinodale non può ridursi a un bel tema, a uno slogan

Se c’è una parola che di questi tempi “trova spazio” nei nostri incontri comunitari è “sinodo.” Se usata in modo superficiale, l’espressione accontenta tutti: dice e non dice; manifesta un intento dichiarato a parole di camminare insieme, nascondendo spesso l’auspicio di fare le cose, invece, da soli. Certo c’è del vero, però… è il momento ora di cambiare registro (perlomeno come Ac)!

Abbiamo spesso ripetuto, in questi mesi di pandemia, che questo non è e non deve essere il tempo delle lamentazioni, e quindi andiamo oltre le critiche, le perplessità, le affermazioni che cedono al “tanto le cose non cambieranno comunque”. Non è vero!

L’esperienza sinodale che stiamo vivendo, per come è stata proposta da Papa Francesco è prima di tutto un invito alla conversione continua, che ci chiede di sperimentare e di vivere una “sinodalità praticata”. L’esperienza sinodale non è e non può ridursi a un bel tema, a uno slogan, a un logo, a un evento, a un momento. E’ un processo che ci viene chiesto, e che in sé è già nell’humus del cristiano, se crediamo che “la Chiesa ha come nome sinodo”, secondo la bella formula di san Giovanni Crisostomo (In Psalmos, 149, 1).

Quando Paolo VI, nel 1965, ha istituito il Sinodo dei Vescovi con il Motu proprio “Apostolica sollicitudo” non ha fatto altro che rendere palese un metodo e un contenuto che tra i cristiani deve trovare terreno condiviso, linguaggio comune, unità di pensiero. Siamo però consapevoli che la “realtà è più importante dell’idea” ed è proprio sulla realtà che siamo chiamati a confrontarci e, ogni giorno, a impegnarci perché lo stile sinodale non venga sminuito a “bello slogan”, ma sia una esperienza praticata.

Come presidenza diocesana ci stiamo impegnando per valorizzare un ascolto reale di noi stessi e degli altri, pur sapendo che questo è difficile perché richiede non solo tempo, ma il porre l’altro davvero al centro dell’incontro. E che non sia semplice, lo sappiamo bene, lo viviamo spesso nei nostri incontri e riunioni intra ed extra associative.

Eppure è la strada, “la via” che siamo chiamati a percorrere insieme è il vero obiettivo a cui ci richiama la parola “sinodo”: andare oltre, insieme. Vera conversione è infatti intuire come continuare oltre questa esperienza di sinodalità, meglio ancora come ritornare a vivere la sinodalità non come fase, periodo, evento ma come stile di vita fraterno. D’altro canto, se andiamo alla Parola basta rileggere Atti 2,42-48 per trovare la “via” giusta: “Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli.

Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.”

Una narrazione – quella degli Atti – che è già sinodo in sé. Sotto traccia, ma evidente, c’è il tema di una vera fraternità, vissuta non come somma di individui ma incrocio di storie e stima reciproca. Perché ammettiamolo, con onestà: il tema di fondo della sinodalità è proprio la fraternità.

Chiediamoci allora: quanto ci vogliamo bene? Quanto ci stimiamo a vicenda, nelle nostre comunità cristiane, nelle nostre parrocchie/unità pastorali? Quanto vogliamo bene ai nostri pastori, ma anche ai fedeli che con noi condividono l’esperienza di conoscere e amare Gesù? O meglio, a quei “generici della Chiesa” (i fedeli, appunto) citati da Ernesto Preziosi nel corso dell’Assemblea diocesana dello scorso 7 novembre? Allora ci siamo detti che dobbiamo essere fedeli nel poco, e radicati nell’essenziale: che per noi di Ac, per noi cristiani è amare ed essere amati. Tutto qua. Questo è “sinodo”: appunto, una “Chiesa bella e fraterna”. Che sia “sinodo” quotidiano, per tutti!

Dino Caliaro

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